Noi siamo quelli che non mollano un centimetro, nemmeno quando il sentiero sparisce tra le nuvole. Nemmeno quando quelle nuvole del cazzo si appollaiano sulla vetta come una poiana su un ramo secco, pronto a spezzarsi. Ma non molla. Come non molliamo noi.

Noi siamo quelli che camminano quando il paese ancora dorme, siamo quelli che dormono poco perché devono camminare, siamo quelli che si stringono le mani ghiacciate all’alba e, con il naso all’insù, sperano che il sole arrivi. Prima o poi. Siamo quelli che camminano su sentieri stretti tra rocce umide e radici scivolose. Passi lenti, attenti. Ogni tanto, una battuta spezzata dal fiato corto e dal rumore degli scarponi sul ghiaccio.

Noi siamo quelli che ci sperano, che pregano forte, che ringraziano Dio per uno spiraglio di sole, per un barlume di luce tra le nuvole grigie e basse, per un alito caldo di un raggio caduto, forse, per sbaglio quaggiù.

Noi siamo quelli che pensano a dove camminare ancora mentre scendono dalla vetta appena presa, che non si accontentano di salire ma vogliono salire ancora, che si asciugano il sudore mentre ne vogliono ancora, che strizzano gli occhi per capire quanto manca ancora ma senza trovare il coraggio di chiederlo a chi, poi.

Noi siamo quelli che si lasciano fregare facile, che non cercano la gloria ma solo un po’ di benessere, un pizzico di gioia, di fatica quanto basta per tornare stanchi a casa, la sera, mettersi a letto e non pensarci più. Siamo quelli che camminano senza pensare, che camminano perché è naturale farlo, siamo quelli che camminare ci viene bene anche se, qui dentro queste cinquanta sfumature di grigio, capiamo poco di cosa abbiamo attorno.

Noi siamo quelli che più facciamo più ne abbiamo da raccontare, siamo quelli che cercano qualcuno a cui raccontarlo, siamo quelli che nessuno ci vuole ascoltare perché facciamo sempre le stesse cose. A sentir loro. Quelli che non capiscono che la metà di quello che raccontiamo.

Noi siamo quelli che si accontentano di una foto sotto una croce di ferro, maestosa a indicare la via agli uccelli che oggi, su questo monte, non voleranno. Ci fermiamo in silenzio. Un sorso d’acqua, uno sguardo oltre il precipizio. E quelle nuvole testarde, ancora lì. Noi siamo quelli che #lofacciamoperilpanorama. Siamo quelli che appizzano le orecchie a sentire i suoni del bosco, ad annusarne i profumi, a respirare nuvole come stessimo annegando in questo mare grigio e spumoso di scogli affioranti che altro non sono che arbusti bianchi di ghiaccio.

Noi siamo quelli che torniamo ogni volta diversi, che ci imbronciamo per poco e per poco sorridiamo, che teniamo il muso lungo finchè la birra non ci rilassa, che brindiamo per qualcosa che sembra poco ma non lo è. Che ci abbracciamo forte per la fatica che abbiamo fatto insieme, che ci guardiamo negli occhi senza sapere cosa dire, che diciamo tutto e non diciamo niente nemmeno quando vorremmo dirci tutto senza trovare le parole giuste per farlo.

Noi siamo quelli che raccontiamo male le cose, che partono da un’idea e si perdono via, siamo quelli che “oggi sarà una passeggiata tranquilla” e finiscono per camminare in tondo per una giornata intera, che partono con il sole – ma quale sole, poi? – e tornano con il buio, che di tranquillo oggi non c’era nemmeno il pranzo al rifugio, noi siamo quelli che amano gli animali ma se abbaiano al vento dopo un po’… ecco, anche meno.

Noi siamo quelli che sul sagrato della chiesa si fermano a riposare, siamo quelli che aspettano gli ultimi anche quando fa un freddo cane, siamo quelli che nei borghi silenziosi in cui passiamo abbassano la voce anche se nessuno ci ascolta. Siamo quelli che affrontano la salita inattesa e ghiacciata con lo stoicismo di chi sa che deve farlo, siamo quelli che sanno che la salita prima o poi finisce, siamo quelli che a metter le mani sulla roccia fa solo che bene. Scendiamo in silenzio. Le gambe stanche, la mente leggera. Il paese ci accoglie come ci aveva lasciati: immobile, assonnato. Solo noi siamo cambiati.

Noi siamo quelli che domenica scorsa sono partiti da San Pellegrino, il Grand Hotel aldilà del Brembo, a sinistra la nostra meta e sopra di essa, appollaiata come una poiana su un ramo secco, quell’ammasso di nuvole che non ci lasceranno più.

Ma noi siamo anche quelli che, risalendo in macchina, aldilà del parabrezza, guardano le stelle che finalmente, dopo un giorno intero, tornano a luccicare. E luccichiamo anche noi. Di polvere, roccia e brina ghiacciata. Di quella fatica che brucia e di tutto ciò che abbiamo lasciato tra le nuvole, lassù.


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