Mi piace quando tutto tace.
Il silenzio che accompagna il primo passo, il sospiro preparatorio alla salita. Alla fatica. Il silenzio delle nuvole basse che portano pioggia, o forse no. Il pensiero costante del “chi me l’ha fatto fare”. La convinzione forte che, in fondo, non c’è posto migliore dove stare, oggi, se non con la testa tra le nuvole. Basse, purtroppo. Ma pazienza.
Dovevamo essere altrove, quel giorno. Ed altrove ci siamo portati. Bastava camminare. Bastava non bagnarsi troppo. Le previsioni non erano belle, ma la voglia di esserci era troppo più forte della possibilità di tornare a casa zuppi. Avevamo vestiti per coprirci, gusci per non bagnarci, guanti a coprire mani sbiancate dal freddo anomalo ed anonimo di un luglio travestito da ottobre.
Andiamo?
Andiamo.
Corno Stella barrato. Non ne valeva la pena, davvero. Una fatica bestia per arrivare su e non vedere niente. Sarebbe stato da stupidi, quella mattina. La speranza persa in una telefonata con il rifugio sotto la cima. “Sta già piovendo, qui”. Amen. Tiriamo una riga sul Corno ed un’altra la tiriamo verso la valle a fianco. In linea d’aria, il Pizzo Arera ci fa l’occhiolino. Ed il Sentiero dei Fiori, placidamente disteso ai suoi piedi, pure. C’è anche una capanna, da quelle parti. La 2000, non per l’anno di costruzione ma per l’altitudine.
Andiamo?
Andiamo.
Queste gambe vogliono andare, oggi, e non buttare via una sveglia in un’alba bagnata di città. Queste gambe le faremo camminare, oggi. Promesso. Anche dovessimo girare in tondo come muli attorno al palo. Ma non sarà così. Il Sentiero dei Fiori di fiori ne ha pochi, adesso. Ne rimane il nome ed un sentiero che sale e scende sotto lo sguardo vigile delle pareti dell’Arera. Pareti enormi che spiccano un salto al cielo senza arrivarci mai, saldamente abbarbicate alla terra che non lasceranno né oggi né domani né mai. Si sgretoleranno, al massimo, diventando ciottoli e sassi su cui i nostri piedi, oggi, camminano nelle nuvole basse di questo luglio travestito da ottobre.
Mi piace quando tutto tace, quando arriviamo al primo passo, quella crocetta messa lì da chissà chi, sbiancata da sole e neve, lignea e liscia da accarezzare. Foto di gruppo. La prima. Sorrisi, che’ finora non ci siamo bagnati. Le nuvole restano in agguato, lontane quanto basta per non sentire nemmeno il profumo della pioggia. Due morsi al panino, una barretta, una banana. Si scende. Sdruccioliamo su sassolini fini ed umidi ma il passo è sicuro, oggi. E l’Arera, muto, ci tiene sott’occhio da lassù.
Puntiamo un laghetto in basso, una torbiera ci accoglie spugnosa, qualche fiore inizia a farsi vedere, finalmente, direi. Il Sentiero del Fiori senza fiori è solo un sentiero. Come tanti altri, ma anche no. È bello, questo, davvero. Chissà perché non siamo mai venuti prima, qui. Sempre a cercare altezze dimenticandoci che si può stare bene e godere anche con il naso all’insù come bambini che guardano un aereo volare via.
Altro passo. Altra crocetta. Con una campana, questa, attaccata ad un braccio. “Din-don!” rintocca nel silenzio della valle e dei nostri respiri affaticati. Foto di gruppo. Un’altra. Ci sta, dai. Non conquisteremo cime oggi, ma crocette sparse in giro come dimenticate da qualcuno o come lasciate da qualcuno che quel peso era stanco di portarlo sulle spalle. “Din-don!” e si riparte, adesso la fame inizia a farsi sentire sul serio. E c’è, a questo punto, il Lago Branchino da vedere e da aggirare dirigendo passi e fame verso l’omonimo rifugio, nascosto dietro un costone di roccia a guardare una valle che, oggi, non attraverseremo. C’è anche la pioggia che arriva - finalmente! sfogati, ragazza nuvola – mentre restiamo accucciati sotto la tettoia del rifugio a respirare profumi buoni e guardare gocce pesanti come peccati venire giù. E non ci bagnamo. Fortunelli, noi, oggi.
Basta avere pazienza. “Per quante nuvole ci siano in cielo, il sole ritorna sempre”, disse qualcuno.
E infatti le nuvole se ne vanno.
Andiamo?
Andiamo.
Passi indietro ad aggirare il lago dall’altra sponda, si sale e si scende e i fiori, da questa parte dell’anello e del sentiero ci sono davvero. Sentiero dei Fiori, adesso ti riconosco. C’è erba da calpestare, qui, non rocce e sassi. Ci sono fiori da accarezzare, muschio che cresce sui massi, spugnose consistenze vegetali che verrebbe voglia di buttarcisi su e dormire un po’.
Camosci saltano incuranti della gravità terrestre tra rocce che scrosciano a valle, via i sassolini dalle scarpe e dagli zoccoli che’ bisogna andar veloci, adesso. Fiori e piante, alberi a sud, una vallata di un verde che sembra una cartolina, chissà perché non siamo mai venuti qui, prima d’ora.
Quell’ultima salita, al sole, a gocciolare sudore come non avevamo fatto tutto il giorno… ecco, quell’ultima salita me la sarei evitata volentieri. Ma la ricompensa era lì ad aspettarci, quella birra al Capanna 2000 che sognavamo già dal mattino, mentre con la testa tra le nuvole cercavamo una Stella e trovammo Fiori.
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