Potendo raccontare all’infinito, ce ne sarebbero di cose da scrivere. Così, sia l’infinito a raccontarsi.

Camminare.
Nella neve e nel fango, tra le rocce, sui prati, in salita, in discesa, in piano. Tra gli alberi e gli arbusti, tra le nuvole e il cielo, sui sassi della spiaggia, tra i rovi che cercano di mangiare il sentiero, sul sentiero che cerca di resistere e sopravvivere. Sull’asfalto dimenticato dalle auto, in alto e in basso, salendo e scendendo. Tra ruderi abbandonati da e dal tempo, tra liane che ricordano il paese tropicale che stiamo diventando. Tra borghi dal nome presto dimenticato dal passo affrettato verso una qualsiasi meta.

Guardare.
Panorami che si nascondono tra le nuvole, che si lasciano indovinare, accarezzare dallo sguardo. Occhi da riempire, narici aperte ad annusare l’aria e profumi non di casa per noi. Attraverso steli d’erba scrutare il mare in lontananza, provare ad abbracciarlo con desiderio, perdere la vista tra le nuvole, ritrovare la vista tra montagne minori e senza nome. L’erba piegata dal vento di una stagione che non è più o non è ancora. Le scarpe cambiare colore e virare allo scuro. Le scarpe tornare pulite con la neve d’aprile, i pollini alzarsi in volo, gli alberi piegarsi senza spezzarsi. La terra smossa dal raspare dei cinghiali di notte e i fiori ricrescere con caparbietà.

Sorridere.
Per un fiore che guarda lontano, prima linea di una primavera che si fa desiderare. Alla meta raggiunta, una delle tante di un viaggio che dura una vita intera fatta di quattro giorni. Alle previsioni ancora sbagliate, alla fortuna di averla scampata anche stavolta. A chi si sta superando e a chi ci supererà sul sentiero, allo sforzo comune di arrivare a sera. Alla vita. Alla serenità.

Ascoltare.
Lo scalpiccio dei piedi nel fango, la neve sciogliersi all’attrito, i pensieri perdersi in uno sguardo. Gli uccelli cantare, i topolini di campagna attraversare il sentiero, le canzoni a squarciagola, le bestemmie per la fatica, la voce del compagno di viaggio qualunque cosa dica. Il rumore di un ruscello che va al mare senza saperlo. Il volo scomposto degli insetti, ma siamo noi che non capiamo dove vanno. Il suono attutito dei passi su una strada di campagna a fine giornata, una campana che rintocca in paese, in basso, in lontananza.

Gustare.
Sapori nuovi o solo riscoperti, il piacere del cammino. Liquori e amari che amari non sono, barrette energetiche ingoiate di fretta, una brioche ed un caffè al mattino con gli occhi ancora chiusi dal sonno, un panino seduti sull’erba o su una panchina di un paese che chissà com’è, quando non lo riempiamo noi. Il sapore della scoperta, il pesce in riva al mare o in collina, il vino bianco e il vino rosso, l’acqua di fonte e quella che sgorga da un muretto ricoperto di muschio.

Sentire.
Il peso dello zaino sulla schiena, gli spallacci che arrossano la pelle, la carezza del mare sulle punte dei piedi e sulle caviglie stanche. Il cuore battere all’impazzata sull’ennesima salita, le labbra bagnarsi di birra e di vino, il sugo della pasta sulle labbra. Una mano nella mano ma non è amore, una mano nella mano per amicizia, una mano nella mano per aiuto. I piedi bagnati dalla neve fradicia e dall’erba zuppa, le mani ghiacciate da una tormenta di neve imprevista ed imprevedibile. L’eco degli spari di cacciatori lontani, per fortuna. Una goccia di pioggia scorrere sulla pelle prima di coprirsi. Il contrarsi dei muscoli in una salita che non sembrava. La mancanza di chi dovrebbe esserci ma non c’è. La traccia accorciarsi ad ogni passo fatto. I passi di uno sconosciuto viaggiatore che diventa compagno di viaggio per qualche minuto prima di perdersi di vista per sempre.

Parlare.
Del più e del meno, di cazzate e discorsi impegnati, del futuro da programmare e del passato da ricordare o forse solo da seppellire. Mordersi la lingua per non parlare troppo, dell’ultimo film visto o di quello che si vuole vedere, dell’ultima canzone ascoltata ed abbozzata in punta di labbra, della canzone storpiata e reinterpretata alla bisogna sul momento. Delle parole che non vengono e che non devono venire.

Tutto il resto è
lasciarsi andare ad ogni passo
camminare ad oltranza
godere di ogni attimo
abbuffarsi fino a stare male di felicità.


Le foto più belle della giornata


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