Partiamo.

Siamo già lavati ancora prima di entrare nel bosco. Pioggia da fuori, sudore da dentro. Fa caldo, dentro questa cerata di plastica. Nonostante tutto, l’umore è alto. Nonostante tutto, siamo tanti.

Un inverno tardivo, un colpo di coda di un meteo in ritardo di qualche mese. Pericolo in alta quota, ce restiamo bassi. Di profilo, di altitudine. Non di umore. E’ grigio il cielo, questa mattina.

Pietre antiche da calpestare, niente fango che sembra un sogno, la neve non si vede. Temperatura ideale. Per stare a letto sotto le coperte, ad osservare le gocce di pioggia scivolare giù sul vetro della finestra.

E noi qui. In mezzo al bosco. Imbacuccati a combattere la pioggia, con plastica addosso e sorrisi dentro. Grigio intorno, nuvole basse, il sentiero è lì ad accoglierci. Con sguardo di sfida. Gocce scivolano sulla faccia, mani bagnate, zaini coperti. Ce ne freghiamo della pioggia. Siamo in ballo. Balliamo.

Conosciamo bene il calore della stufa, lo desideriamo forte, talmente forte che pare di asciugarsi mentre saliamo. Ma siamo ancora bagnati. Il bosco è spento, questa mattina. Foglie gocciolano liquido, resina mista a pioggia, c’è un profumo che non si capisce. La natura, a volte, è meravigliosa.

Caparbi, cocciuti, testardi, andiamo avanti un passo dopo l’altro. Saliamo, sudiamo, ci bagnamo, ci fermiamo, ripartiamo, ridiamo, stringiamo i denti, contiamo il tempo che ci lasciamo indietro e facciamo l’occhiolino a quello che manca per arrivare su.

E’ giornata da rifugio, questa. Da chiudersi dentro, al caldo, e non uscire più. Quattro chiacchiere con gli amici, due risate che diventano molte, il vino gocciola pian piano dentro di noi. Si scaldano gli animi di felicità, si sciolgono mente e cuore, si aggrovigliano i pensieri, li lasciamo andare con le parole. Si sta bene, qui dentro, a guardare il mondo la fuori che mondo non è più.

Siamo ovattati dentro le nuvole, fuori dalla finestra bianco, dentro è il rosso di un camino che arde nella danza antica del fuoco. Crepitii, gambe distese, distesi i pensieri. Lo riempiamo noi, oggi, questo posto. Eccome se lo riempiamo.

Qualcuno ha bisogno di lasciarsi andare, di archiviare l’ennesima settimana ad aspettare il giorno fatidico in cui possiamo tornare, finalmente, noi e a noi. Previsioni pessime fino alla sera prima. Non si molla un centimetro. Dovevamo esserci e ci siamo stati. Muscoli tesi nell’umido dei Corni che si nascondono e riappaiono, all’improvviso. Cucù.

La discesa è una storia a parte. La neve che diventa fango, le scarpe hanno poca aderenza. Culo a terra. Poco male, laveremo tutto, a casa. Ma prima, arriviamoci. Foschia intorno a noi e dentro la testa. Era buono, quel vino. Un sentiero conosciuto che diventa un mistero, un rebus da risolvere. Bolli colorati da seguire, la via maestra, un fiume di fango e una lotta animalesca per restare in piedi. Siamo conciati da buttar via. Ma felici, in fondo. E soddisfatti per l’essere lì, in quel momento e in quel posto.

C’è un lago, laggiù. C’era anche stamattina, dietro di noi, mentre salivamo?

Capitano a tutti, quelle giornate in cui avresti solo voglia di alzare gli occhi al cielo, stringere i pugni, raccogliere il fiato, lasciar uscire dalla bocca un urlo bestiale. Così, forse senza motivo o forse per un motivo che non sai ancora. “Auuuuuhhhhh”, ululiamo alla luna.
E’ dura la vita, ragazzo mio. Eppure si va avanti. Scivolando, tremando dal freddo, fermandosi e ripartendo. La vedi quella stella in cielo che dovrebbe indicarti la via?

Le nuvole si chiudono ancora sopra di noi. Niente stelle, stasera. Ma la pelle a casa la riportiamo ancora. Tres bien.


Le foto più belle della giornata


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