In ascolto.
Fanno uno strano silenzio le suole gommate degli scarponi sulla strada asfaltata alla meno peggio. Un fruscio, quasi, intramezzato dal ritmico ticchettio dei bastoni dalla punta metallica. E su tutto, il brusio di voci che si scaldano insieme ai muscoli, un risveglio lento e forzato da una salita che sale decisa e costante.

In ascolto.
Sono calde le voci di chi ti cammina a fianco. Belle da ascoltare, qualsiasi cosa stiano dicendo. Un tappeto di parole su cui rotolarsi nel lento incedere verso l’alto. Montagne a destra, montagne a sinistra, il lago dietro. Ma quello, è un altro ascolto che va aspettato. Storie, racconti, risate, sbuffi di fatica. Scarponi sul selciato. Ticchettio di bastoni.

In ascolto.
Non c’è vento, non si muovono le foglie degli alberi, non frullano gli uccelli. Un cane abbaia in lontananza, un rivo d’acqua scorre lento verso giù, lì da dove veniamo, lì dove torneremo. Ma c’è ancora da camminare, prima di pensare a tornare. Montagne di fronte, a sinistra la deviazione, a destra la meta. Andiamo avanti, ovviamente a sinistra, alla scoperta, all’avventura. Scarponi sull’erba, fruscio di barrette spogliate del loro incarto, borracce stappate come bottiglie di spumante per festeggiare questa salita, la prima, che è già un ricordo. I bastoni tacciono, o forse sussurrano parole alla terra.

In ascolto.
Lo sentiamo adesso, il rumore del lago. Un rumore bianco che non si sente eppure c’è. Si stacca un traghetto dall’isola grande, uno sbuffo di fumo nell’aria tersa, li senti i motori che girano o forse li immaginiamo. E sotto, il cuore che pompa forte su questa salita di cresta. E pompa forte su questa discesa infida tra erba ghiacciata e lunga, capelli di donna pettinati alla rinfusa. Gli scarponi scivolano, ora, gli strapiombi urlano da una parte, il lago risponde con il silenzio quieto che solo un lago sa parlare.

In ascolto.
Una voce dentro che inizia piano e piano sale, un sussurro che diventa una preghiera, una preghiera che diventa comando. Ci fermiamo. Ci arrendiamo, a dirla tutta e male. Ma ci sentiamo vivi, e vivi vogliamo sentirci ancora per un po’. Manca una vetta e mancherà per un po’. Il lago strizza l’occhiolino come a dire “bravi, buona scelta e saggia decisione. La strada maestra è altrove.
Torniamo sui nostri passi. Abbiamo ancora da camminare.

In ascolto.
Del dolce suono della discesa dopo la salita, le gambe ruzzolano giù, di fronte a noi si distende la Punta, quella punta che vogliamo fortemente, oggi. Prendiamo la rincorsa in discesa per affrontare meglio la salita. Ripida. Erta. Dura la terra dopo la gelata della notte. Decisi andiamo avanti. Il lago ci accompagna, calma il respiro, acquieta la vista, riempie il cuore. E noi saliamo. Gli scarponi graffiano le prime rocce. Quelle vere. Abbarbicati forte a resistere contro la forza di gravità.

In ascolto.
Del suono della pelle contro l’acciaio di una fune, un abbraccio a cinque dita sul nudo e freddo metallo, ci sentiamo sicuri e sicuri saliamo, inizia il divertimento, inizia la sfida, iniziamo a sudare. Creste, queste si che son creste e mentre saliamo si inarcano quasi a sgroppare, cavalli imbizzarriti di roccia antica e noi saliamo, scendiamo, risaliamo e riscendiamo. Il lago sorride alla nostra voglia e determinazione. Un guanto scivola su una fune, due guanti si rifugiano in uno zaino troppo pieno. Ci vuole la pelle contro il duro metallo. Dobbiamo sentirlo. Con pelle e cuore.

In ascolto.
Del suono di una campana, preludio di una cima che ormai è lì. Rintocca una, due volte poi si ferma. Non saranno 20 i rintocchi, oggi. La valle tace. Il lago pure. Il traghetto approda. Come noi, alla croce. Si distende il lago sotto di noi, le montagne lontane si avvicinano giocando con la prospettiva. Si alza in volo un parapendio, fruscìo nell’aria di ali posticce, uccello che gioca con le correnti. Lo guardiamo. Qualcuno sogna ali per volare, qualcuno le ali le sta ancora aspettando, qualcuno quelle ali le accarezza nel riposo della fine di un volo.

In ascolto.
Del niente che si configura per un attimo, un attimo di silenzio che è meritata quiete, il lago da sotto si distende in uno stiracchio, sbadiglia l’acqua, il traghetto dondola su onde che non ci sono. Sembra uno scoglio visto da lontano, invece è un isolotto con un castello. Pensa te. Sembrava così piccolo, da quassù.

In ascolto.
Di sassolini che rotolano sul sentiero in discesa come noi che, un po’ meno scomposti, torniamo giù con occhi silenziosi e piedi attenti. Riguadagniamo il bosco, lasciamo le rocce, ci immergiamo nel verde e nel freddo di questo pomeriggio d’inverno che tanto inverno non pare. S’allontana la croce, ci avviciniamo a noi. Abbaia un cane, saluta un vecchio, scorre un rivolo d’acqua verso giù. Gli scarponi si infangano, i bastoni affondano, qualcuno scivola. Poco male, è solo erba. E i vestiti si lavano.

In ascolto.
Di un respiro che diventa voce se lo sai ascoltare.
Di occhi che diventano parole se li sai leggere.
Di mani che diventano ombre cinesi se sai come muoverle.

Cosa dicono, tutti?
Chi sa ascoltare il silenzio?
E tu, lo ricordi che suono faceva il vento, lassù?


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