Sulla sponda del bosco mi sono seduto e ho respirato. Un sapore buono in bocca, quell’aria quasi fresca della sera.
Un ruscello che si crede torrente, poco più in basso gocce d’acqua scivolano giù senza temere il vuoto, senza paura di diventare corrente, si mescolano le une alle altre e chissà se, forse, volevano restare sole.
C’era una brezza nell’aria, quella sera, a muovere delicatamente foglie e respiri, lì sulla sponda del bosco su cui mi sono seduto a respirare.
Voci lontane, ovattate, ancora qualche crepitio del fuoco morente dopo un giorno di duro calore per rendere buono ciò che spalle e zaini sudati hanno portato fin quassù.
C’era ancora voglia di festa, quella sera. Di restare lì, sospesi nella sera, a masticare tra i denti ancora qualche ricordo del giorno che si spegne.
Come si fa a tornare a casa, quando casa è quassù?

Seduto sulla sponda del bosco accarezzo la terra umida della notte prima. Pioveva, ieri. E abbiamo sconfitto la pioggia. L’abbiamo saltata a piè pari, troppo forte era la voglia di esserci, quel giorno, e tutte quelle voglie messe insieme sono diventate sole a scacciare nubi e timori e paure ed il pensiero del “chissà come sarà”.
Abbiamo fatto quello che dovevamo fare perché fosse tutto come volevamo che fosse.
Abbiamo lanciato un fischio in aria, e a quel fischio avete risposto in tanti, più di quanti la Compagnia ne avesse mai messi insieme.
Poco dislivello, certo. La carne a cuocere sulle braci, vero. Il sole che fa capolino da un sabato piovoso, ovvio. C’era voglia di essere ed esserci, quel giorno dell’evento. Tutto maiuscolo. La voglia e l’evento stesso.
“Chissà se piacerà”
“E’ importante? Deve piacere a noi”
“E a noi piace?”
“A noi fa impazzire, questo sogno che finalmente diventa realtà”
“…”
“Musica?”
“Musica”
“Balliamo?”
“Balliamo”
“MerdaMerdaMerda”
“Musica, maestro!”

Sulla sponda del bosco, all’imbrunire, poche volute di fumo che ancora s’alzano al cielo, voci sommesse e risate stanche, bottiglie vuote, pance piene, occhi tristi, nessuno vuole tornare a casa, stanotte, perché casa stanotte è qua.

Un cortile.
Mura tutto intorno, ma non è prigione, oggi.
E’ palcoscenico di uno spettacolo inventato al volo ed al volo acciuffato, una coda d’aquilone ancora bassa ed a portata di mano di bambino. Prendiamolo, questo momento. Ci sono gli amici. Ci siamo noi. Ci sono storie da raccontare e sono belle storie, ad avere un fuoco acceso e a sedersi attorno tutti insieme. Niente fuoco, ma le storie ci sono, eccome se ci sono. E quel tappeto di note in sottofondo, foto e scatti attorno a noi, ricordi da non dimenticare, momenti da ricordare, intuizioni che diventano buone idee da mostrare a tutti.

Sbattono le ciglia, si inumidiscono gli occhi, il sole in faccia non aiuta, certo. Ma non inventarti scuse, che in quelle parole ti ci sei trovato anche tu.
“Perché?”
“Perché c’eri anche tu, mentre quella vita veniva vissuta e quella storia veniva scritta”

Emozione. Emozioni.
Respiri sospesi tra una nota ed una parola, virgole disegnate nell’aria da una mano che cerca un bastoncino da cammino e trova un microfono, invece.
Siamo fuori luogo, siamo fuori dalla comfort zone, siamo sospesi, siamo talmente vivi che tutto il resto sembra un sonno lungo una vita intera.

“Non guardare indietro, amico mio. Guarda avanti. Guarda davanti a te. Li vedi, tutti questi amici seduti ad ascoltarti?”
“Qualcuno sbadiglia, sai?”
“Si, anche io sbadiglio quando voglio mascherare lo scivolare a tradimento di una lacrima. Con il gesto di coprire la bocca, puoi usare il pollice per frenare la caduta libera di quella lacrima. Impara.”
Occhiolino.

Seduto sulla sponda del bosco ad ascoltare un ruscello che si crede torrente, riempiendomi le orecchie del suono dell’acqua che diventa corrente, ho chiuso gli occhi ed ho respirato. Forte. Per chi c’era. Per chi non c’era. Per chi avrebbe voluto esserci. Per chi ha scelto di non esserci. Per noi. Per me. Per vivere.

Volevo solo un sogno da rincorrere, in fondo. Una coda d’aquilone da acchiappare al volo ed aggrapparmi forte per volare in su.
E nel mio sognare mi sono trascinato dietro qualche amico, così, giusto per non sentirmi solo.
Avevo bisogno di condividere un sogno, che ci fosse  qualcun altro, oltre me, l’indomani mattina, a ricordarlo e dirmi che no, non è stato un sogno. E’ successo davvero. Abbiamo cantato, abbiamo ballato, abbiamo combinato note e parole ed il concerto era bello, sai?

Applausi strappati con la forza di un sogno nato per caso, davanti ad un bicchiere di vino, davanti ad una solitudine, davanti ad una certa voglia di tornare alla vita.

Da solo, in piedi sulla sponda del bosco, sento le voci di chi, stanotte, a casa non vuole tornare.
Vado loro incontro, con un sorriso che non so.

E’ stato bello, oggi, vederci allegri e sorridenti.
E’ stato bello, oggi, vederci tristi e pensierosi.
E’ stato bello, oggi, sentirci vivi.


Le foto più belle della giornata


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