Due tuoni. Vicini. Ravvicinati l’un l’altro. Guardiamo in alto. Fiocchi di neve scendono a terra, la strada si imbianca più velocemente di quanto le ruote dell’auto riescano a segnarla. Catene, ciurma, si va di catene.

Fiocca che Dio la manda, quella mattina. E tuona. Due, per la precisione. Una cosa strana, a ben pensarci. Tuoni con la neve, pare tanto strano. Come quella mattina, che rischiavamo di restare a casa, ai blocchi di partenza, vestiti e bagnati sin dai primi passi del vialetto di casa. Pioveva, quella mattina, a valle. Nevicava, quella mattina, a monte.

Noi in mezzo, in una indecisione che scompare in un gruppo, inaspettato, bello, carico. C’è chi ha fatto tanta strada per arrivare, quella mattina, e non potevamo certo nasconderci dietro una banale scusa del sole che mancava sulle nostre teste.

Noi in mezzo, infreddoliti ed imbacuccati, arriviamo sferragliando di catene su una strada non pulita, chi se l’aspettava una nevicata così e così in basso. Che vien quasi da pensare “chi ci sperava”.

Fiocca che Dio la manda, quella mattina, ma i primi passi sanno di buono. Di pioggia che diventa neve che diventa umido sulle labbra che diventa vapore del respiro. Sanno di buono, quei primi passi, di una valle tutta per noi, di un rifugio ancora lontano tutto nostro, di una stufa accesa all’alba e di un caldo quasi troppo ad aspettare le nostre maniche corte di ricambio.

Silenzio. Quel silenzio che solo una valle immobile nell’aria innevata di una fredda mattina di febbraio riesce a regalare alle orecchie troppo piene di chi viene da giù. Dalla valle. Dalla città. Si smorzano i suoni, si allontana il sentire, ci chiudiamo nei cappucci cerati dei nostri gusci, fuori il mondo, e la neve, e dentro noi a scaldare gambe e cuore per quello che verrà.

E’ bello, questo posto”. Ecco perché siamo tornati. Perché è bello. Anche se il sole fa capolino, timido e titubante, dalle nuvole alle nostre spalle. Ma noi, ostinati e decisi, il sole quel giorno non lo vogliamo, traditore delle nostre speranze, e andiamo avanti nella valle che ci inghiotte, negli alberi spruzzati di bianco, nella strada che si nasconde alla traccia sotto centimetri di neve. “E’ bello, questo posto”.

Silenzio. E passi scrocchianti. E uno sprofondare dolce nella neve fresca. Ogni passo un pensiero. Ogni passo un sorriso. Occhi al cielo. Giù il cappuccio. Neve sugli occhi e sulle labbra. Di un colore lattiginoso l’aria attorno a noi, quella mattina. Scorre lento il torrente giù in basso, ci accompagna per un po’ il suono dell’acqua che corre, chissà dove, poi. Al mare, forse?

Domande, tra tutte una si inerpica su per la schiena fino ad arrivare dritta sulle labbra: “chi me l’ha fatto fare, oggi?

Te lo dico io, chi te l’ha fatto fare, anzi, te lo faccio dire da questa ventina abbondante di pazzi che ti camminano a fianco sorridenti e battenti denti. Lo sanno bene, loro, il perché.

Avevamo degli amici da andare a conoscere, abbiamo conosciuto degli amici. C’era una stufa da alimentare, c’era una casa da riempire di Vita, c’era una valle da far sentire meno sola, quel giorno.

Ecco perché. Non ti sembrano valide motivazioni?

Silenziosa la valle, all’andata. Ma al ritorno cambia tutto. Il silenzio è rotto dal rumore dei nostri passi, un po’ goffi e un po’ pesanti, un po’ stanchi ed un po’ brilli, si sbanda sui tornanti, si deraglia sul dritto, la traccia del mattino non è così sicura e, a correrla in discesa, neanche così ben disegnata. Una scusa per uscire di strada e per tornarci, pancia piena e mente sgombra, il sapore del vino ancora in bocca, l’amaro offerto è meno amaro di quanto sembri, nevica o forse no, fa buio tardi ormai ma non così tardi ancora, le frontali non servono, i piedi si sciolgono, la strada è diritta, il sentiero sicuro,
stretta la valle,
larga è la via,
dite la vostra
che io dico la mia
.

E come in una filastrocca da bambini che torna in sé nel ritornello, una cover quasi migliore dell’originale finisce questa canzone, una coda si allunga sorniona su una sera che finisce pizzicata in un bar di paese, è notte fuori, s’addormenta lo spirito con lo spirito giusto. Stanchi. Pazzi. E pronti a suonare ancora.


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