Un, due, tre, Stella!
Come un gioco da bambini, camminiamo. A volte saltelliamo sulle rocce, a volte ancora corricchiamo come a volerci togliere il prima possibile il pensiero della salita. Che poi, in fin dei conti, resta sempre là , ad aspettare i nostri passi e la nostra fatica. Poche palle.
Un, due, tre, Stella!
Mi volto indietro e ti vedo lì, ferma, su quella cresta. All’inizio, in verità . Immobile. Bloccata. Gli occhi lucidi nascosti dalle lenti scure degli occhiali da sole. E’ un gioco, baby. Resta ferma il tempo necessario per ricominciare la conta. Poi muoviti. Un passo dopo l’altro, pian pianino, assaggia i sassi con i piedi, ballaci sopra come solo tu sai fare. Dai, balla per me.
Un, due, tre, Stella!
La vedi la croce? E’ lì che dobbiamo salire, oggi. E’ lì che sogniamo di andare da tre settimane, da quando ti è venuta voglia di andare ad accarezzare quel ricamo di metallo a forma di croce. Da quando qualcuno, qualche settimana fa, ha deciso che dovevamo avere ancora un po’ di pazienza. E la vedi la ricompensa all’attesa, oggi? Le vedi tutte queste montagne a perdita d’occhio? Sono qui per noi, oggi! E neanche le nuvole hanno il coraggio di comparire perché noi siamo venuti apposta, oggi, per perderci quassù. E giocare.
Un, due, tre, Stella!
E’ un gioco da bambini, oggi, con il naso all’insù a cercare nuvole che non ci sono, con gli occhi all’ingiù a cercare laghi che erano specchi di neve, qualche settimana fa. Dammi la mano, guarda il dito, seguilo fino all’orizzonte, riconosci quelle cime? Ne abbiamo fatte tante e tante ne faremo ancora, ma oggi siamo quassù, all’ombra ricamata di questa croce di metallo che ombra, poi mica ne fa. Lo vedi quanto siamo in alto? Lo vedi quanto siamo saliti, anche se le gambe erano pesanti, stamattina, mentre assaggiavano i primi passi?
Un, due, tre, Stella!
Ma quanti siamo, quassù, oggi? C’è spazio a malapena per muoversi, su questo Corno che spicca al cielo ma paura non fa, ora che la roccia è asciutta e la neve non c’è più, ora che l’erba cresce e ricresce ancora al sole caldo dell’estate, ora che riconosco ogni goccia di sudore che buttiamo fuori e ci abbracciamo in abbracci sudati che, tanto, che te frega, non scusarti, siamo tutti sudati allo stesso modo.
Un, due, tre, Stella!
Ci sono ancora chiazze di neve in giro a ricordarci che quest’inverno bizzarro, lungo come una giornata d’estate, è finito da poco. Ma è finito, per fortuna. E torniamo a calpestare rocce e sassi puliti dal gelo, torniamo a sollevare nuvolette di polvere ad ogni passo, torniamo sicuri a salire e scendere da questi monti che promettono felicità , si, a saperla gustare. E noi in questo siamo bravi, no?
Un, due, tre, Stella!
Specchi d’acqua e bolle di pesci che respirano a pelo d’acqua, quasi pare di vederle le bocche boccheggiare a cercare aria ed insetti, raggi di sole e profumo d’estate. Specchi d’acqua ferma dal vento che oggi non soffia nemmeno quassù, un paio di migliaia di metri più vicini al cielo. Cambia colore l’acqua a seconda da dove la guardi e da quale inclinazione il sole ci cade dentro. Indoviniamo colori e ci perdiamo dentro pozze e stagni e torbiere umide e insiemi di gocce a formare laghi. Di quattro, oggi, abbiamo lambito le rive, e tanti altri ne abbiamo contati da quassù.
Un, due, tre, Stella!
Rallenta il numero che vuoi. L’uno, il due, il tre. Ma la Stella no. Quella va urlata forte a sorprendere in un gioco da bambini quelli che, lì dietro, arrancano e non mollano nel venire a te.
Un… due… TRESTELLA! T’ho vista muoverti, vai indietro di tre passi e ricomincia a camminare anche se le gambe sono di legno, su questa cresta circondata dal vuoto ed abbracciata da noi e dalla nostra voglia di arrivare lassù, a quella croce di metallo ricamata dall’uomo e dal tempo.
Uno.
Due.
Tre.
Stella.
Stella libera tutti!
Stella presa!
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