C’era un profumo, nell’aria, su in cima, che sembrava salmastro. A chiudere gli occhi, ad ascoltare il vento, a sentire il tepore del sole di questo ottobre che si trucca da luglio, lo sentivi, questo profumo di mare.

Apri gli occhi. E’ proprio mare. Un mare di montagne tutto intorno, e laghi sotto, e prati d’alta quota e rocce a strapiombo e ghiaioni che abbiamo attraversato con leggerezza, animali selvatici che rincorrono la preda, una preda immobile, quella croce così lontana eppure così vicina, e reale, e bella, quando arrivi su.

La fiutiamo, la scorgiamo da lontano, dal primo passo che facciamo e dalla prima croce che sembra preludio di vittoria ma che, ancora, è lunga la strada da fare. Troppo tempo lontani dalla cima, troppe rinunce nelle ultime settimane, troppi insegnamenti da imparare a memoria: oggi è diverso, lo sentiamo che riusciremo, ne sentiamo il profumo. Vicino. Intenso.

Un cambio di passo è ciò che serve, forse due.
Lento – veloce – lento.

Lenta inizia la giornata, il solito bosco che è un bosco nuovo ma è quasi un deja-vù, caldo asfissiante nelle giacche che cadono nello zaino dopo pochi minuti, un sentiero nel bosco che si inerpica ritto e fiero tra alberi e foglie e noi andiamo, saliamo un passo dopo l’altro, cerchiamo l’aria come sott’acqua, cerchiamo il sole, cerchiamo i laghi promessi e la quota madre dello stare bene, quei duemila che sono un secolo nuovo, una nuova generazione, un posto dove il cuore sta bene a guardare dagli occhi.

Lontani dalla via normale, incontriamo gente ad un crocicchio, due sentieri che si incontrano per diventare IL sentiero per i Laghi Gemelli. Lui, il solito, lontano dalla Compagnia da due anni, “bentrovato, amico”, “bentornati, ragazzi”, sembrano dirsi.

Lago Marcio, Lago Casere, Laghi Gemelli ormai talmente gemellati che sono cosa unica e sola.

Cambio di passo. Lento – veloce.

La cima ancora non si vede, quel Pizzo Farno sconosciuto fino a pochi giorni prima, un suggerimento, un’idea, un progetto, una gioia.

La cima ancora non si vede ma la intuiamo, animali selvatici, la fiutiamo, iniziamo a salire al primo passo, s’alza un triangolo al cielo, si staglia il profilo di una croce ad avere occhi buoni per vederla, in mezzo c’è qualche migliaio di passi e il Passo di Mezzeno e il Passo dei Paghi Gemelli

Una strettoia di roccette, qualcuno torna indietro che non è giornata, un canale ampio e pietroso ci accompagna sudati al Passo di Valsanguigno Ovest. Quello del Nord lo troveremo dopo, in discesa, sarà dolce portare i saluti del fratello rimasto dall’altra parte del Pizzo.

Siamo su ma non ancora abbastanza su. Pennellate su una roccia, “Pizzo Farno per di qua”, una freccia sbilenca e sbiadita, una traccia che si perde e si ritrova, una parete che sembra inattaccabile a difendere quella croce che prendiamo, qualche minuto dopo, aggirandola da dietro, alle spalle, non vigliacchi ma scaltri animali selvatici quali siamo, oggi.

C’era un profumo, nell’aria, su in cima, che sembrava salmastro. A chiudere gli occhi, ad ascoltare il vento, a sentire il tepore del sole di questo ottobre che si trucca da luglio, lo sentivi, questo profumo di mare.

E’ dolce annegarci dentro. Lasciarsi andare ai pensieri, ad ognuno il suo, ad ognuno la dolcezza che si merita.

Pizzo Farno preso.
L’avevamo detto.
L’abbiamo fatto.

Torna a battere normale, il cuore. S’asciuga il sudore. Si affievoliscono le luci. Sipario giù.


Le foto più belle della giornata


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